Biden e Trump: il loro impegno per l’ambiente

03.02.2021

L'amministrazione di Trump si è distinta nel disfare ogni norma ambientale introdotta da Obama. Caitlin McCoy è una giurista dell'Environmental and Energy Law Program, un centro di ricerca sul diritto dell'ambiente e dell'energia della Law School dell'Università di Harvard. Durante il mandato di Trump il suo ufficio ha monitorato la politica ambientale di Washington e pubblicato sul suo sito ogni nuova norma, con relativi ricorsi e cause giudiziarie. Tra i vari interventi uno degli atti più scellerati condotti dall'ormai ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato ritirarsi dall'accordo di Parigi che entrerà in vigore nel 2021 con l'obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 e limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C. Questa decisione, anticipata già dalla sua campagna elettorale iniziata nel 2015, scaturisce dal suo riconosciuto scetticismo riguardo la crisi climatica definita da lui stesso una falsità. Appena insediato Joe Biden è già costretto a correre contro il tempo, il presidente deve già prepararsi per affrontare una delle più grandi sfide ed emergenze che ha di fronte: riconvertire e cambiare praticamente tutta la politica ambientale lasciata in eredità da Donald Trump. La crisi climatica corre velocissima e fra record di emissioni, caldo, scioglimento dei ghiacciai e fenomeni meteo sempre più intensi, serve un impegno concreto, veloce e preciso per rimettere gli Stati Uniti in rotta nella battaglia contro il global warming, a cominciare da un ritorno degli Usa all'interno di quell'Accordo di Parigi da cui sono ufficialmente fuori.

Cos'è il Green New Deal americano già proposto da Biden in campagna elettorale?

Gli Stati Uniti non sono considerati tanto "attenti" alle questioni ambientali, specialmente negli ultimi tempi. Restano però una nazione guida quando si tratta di sviluppo tecnologico. Cosa succederebbe quindi se le politiche ambientali ed energetiche diventassero invece argomenti di primo piano? Quanto questo darebbe la spinta a uno sviluppo tecnologico di cui, poi, beneficerà tutto il pianeta? Nasce così la proposta di un cosiddetto Green New Deal da parte della stella nascente del Partito Democratico Alexandria Ocasio-Cortez.

Green New Deal: una visione di sistema

Il Green New Deal tocca temi ambientali, tecnologici e sociali insieme. Il punto di partenza è la necessità di contenere il cambiamento climatico riducendo l'emissione di gas serra del 40/60% entro il 2030 e arrivando a emissioni (nette) nulle entro il 2050. Le proposte che il documento contiene puntano però anche a ridurre le disparità economico-sociali (definite le "ingiustizie di sistema") statunitensi. Il cambiamento climatico viene considerato "una minaccia diretta alla sicurezza nazionale". L'obiettivo è soddisfare la domanda energetica completamente attraverso fonti "pulite, rinnovabili ed a emissioni zero". Non solo l'energia eolica e quella fotovoltaica, anche altre fonti "carbon free" come il nucleare. O i combustibili fossili quando accoppiati a sistemi di cattura della CO2. Questo significa puntare a sistemi di produzione industriale ed a reti di trasporto più puliti. Come anche alla creazione di smart grid energetiche distribuite, per consentire di garantire allo stesso tempo una maggiore efficienza energetica e un accesso più ampio alle reti elettriche. Ossia introducendo progressivamente sistemi e approcci a impatto (quasi) zero. È qui che il cammino si fa particolarmente lungo e si capisce perché il New Deal prevede almeno un decennio di sforzi.

Lacune sì, ma anche decisione

Il Green New Deal ha anche le sue lacune, ovviamente. Si parla ad esempio poco o nulla di temi più o meno tecnici come lo stoccaggio energetico o la riduzione della CO2 nell'atmosfera. Trattandosi di un documento di indirizzo politico, non sono lacune decisive. Contano di più altre indicazioni in linea con le richieste, e i timori, della società americana. Il documento propone infatti di introdurre norme attraverso cui "bloccare il trasferimento all'estero di posti di lavoro e inquinamento". E anche "sviluppare la produzione industriale interna" degli Stati Uniti. Si chiede l'aumento degli investimenti pubblici nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie legate alle energie pulite e rinnovabili. Anche per sviluppare il mercato interno e la creazione di nuovi posti di lavoro di alto profilo. C'è in questo, ancora una volta, un pragmatismo molto americano. Voler rendere gli Stati Uniti il leader internazionale nelle azioni contro i cambiamenti climatici ha certamente implicazioni etiche positive. Ma ha anche conseguenze di mercato importanti a livello globale. Se gli Stati Uniti, come si spiega, dovranno essere in grado di "aiutare altre nazioni ad ottenere un Green New Deal", in concreto lo faranno anche le imprese americane. Con il relativo business. 

La linea green confermata all'insediamento:

Il 20 gennaio, poco dopo aver prestato giuramento, il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato 17 azioni esecutive, annullando molte politiche messe in atto dal suo predecessore repubblicano, Donald Trump, e facendo le sue prime mosse sulla pandemia e sui cambiamenti climatici. "Alcune delle azioni esecutive che firmerò oggi contribuiranno a cambiare il corso della crisi del covid, combatteremo il cambiamento climatico in un modo che non abbiamo fatto finora, promuoveremo l'uguaglianza e sosterremo altre comunità svantaggiate ", ha detto Biden. "Questi sono solo i punti di partenza". Biden ha, infatti, firmato un documento per avviare il processo di rientro nell'accordo sul clima di Parigi e ha emesso un ordine per contrastare il cambiamento climatico, inclusa la revoca del permesso presidenziale concesso al controverso oleodotto Keystone XL.

Capuzzo Benedetta, Rubiola Sara e Battisti Arianna

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