Esilio di ieri ed esilio di oggi
(Riflessione sull'esperienza dantesca dell'esilio confrontata a nuove forme di allontanamento, forzato o volontario, dalla propria terra)
Sul finire del XIII secolo a Firenze si respirava un clima di contrapposizione tra Ghibellini, sostenitori dell'imperatore e Guelfi, sostenitori del papa. Dante Alighieri non aveva
condiviso
l'ascesa del pontefice Bonifacio VIII, deciso ad avviare una
politica di ingerenza nelle questioni fiorentine, della quale, per
l'appunto, il poeta divenne un grande oppositore. Il partito guelfo
si divise poi in due fazioni: i
Bianchi, con i quali si schierò il poeta, e i Neri, che
comprendevano le famiglie più ricche legate al papa per interessi
economici.
A
causa delle sue posizioni, Dante fu odiato dagli avversari, e per
questo motivo iniziò un'azione persecutoria nei confronti dello
scrittore che finì così sotto processo, con accuse tra cui
l'estorsione e la baratteria. Successivamente, con la sentenza del
10 marzo 1302, venne condannato a due anni di esilio, che si
trasformarono in seguito in un esilio definitivo.
Il dramma dell'esilio per Dante fu molto intenso:
dovette dire addio per sempre alla sua terra ed iniziò così per lui una lunga fase di sofferenza.
Oggi l'esilio è una pena che in molti stati non viene più comminata ma si presenta comunque sotto forme diverse, come nel caso di tutti i fuoriusciti dalle dittature, dai Paesi in guerra e da quelli troppo poveri che non garantiscono un futuro.
Un fenomeno che oggi coinvolge anche nazioni avanzate è la cosiddetta "fuga di cervelli", cioè l'emigrazione di persone di talento o alta specializzazione professionale, formatesi in madrepatria, verso paesi stranieri. Questo allontanamento, reso necessario da insufficienti investimenti dello stato nei confronti dell'innovazione e dello sviluppo, spesso non è desiderato dai giovani studenti o lavoratori che, invece, vorrebbero continuare a vivere nel Paese di appartenenza, in cui hanno trascorso l'infanzia e a cui sono legati sia culturalmente che affettivamente. Essi sono dunque costretti, per poter proseguire la loro carriera, a trasferirsi altrove, in luoghi certamente più adeguati alla loro formazione ma probabilmente sconosciuti, in cui può risultare difficile adattarsi.
La loro situazione può essere paragonata quindi a quella di Dante durante il suo lungo esilio.
Il fenomeno della "fuga di cervelli" è generalmente visto con preoccupazione perché rischia di rallentare il progresso culturale, tecnologico ed economico dei Paesi dai quali avviene la fuga. Il problema nasce quando il numero di studiosi o lavoratori specializzati che lasciano il Paese è maggiore rispetto al numero di quelli che vi si trasferiscono.
In Italia, dal 1996 al 1999, hanno lasciato il paese 12 000 laureati, in media 3000 all'anno.
Un altro esempio concreto che può essere definito una sorta di "esilio", ci è fornito dalla storia di Edward Snowden, ex tecnico della CIA, noto per aver rivelato pubblicamente nel 2013 dettagli di diversi programmi di controllo tra Stati Uniti e Unione Europea.
Il giorno del suo trentesimo compleanno il Dipartimento della giustizia degli Stati Uniti d'America lo accusò di violazione della legge e di furto di proprietà del governo, revocandogli il passaporto.
Successivamente, tuttavia, la Russia gli concedette il diritto di asilo per un anno, e ripetuti rinnovi gli permettono di rimanere nel Paese fino almeno al 2020.
Nonostante sia stato riconosciuto il suo statuto di "informatore e di difensore internazionale dei diritti umani", è stato costretto a fuggire dal Paese in cui aveva intrapreso carriera scolastica e lavorativa, abbandonando la propria vita, condannato ad una pena che priva dei diritti fondamentali: famiglia, lavoro e un posto all'interno della società.
La sua esperienza può essere ritenuta, per certi versi, simile a quella vissuta da Dante, che morì lontano dalla sua patria, vivendo però, sempre con il pensiero rivolto a Firenze, per cui provava una forte nostalgia, che affiora frequentemente nelle sue opere.
Giorgia Garofalo III A