Quando il lavoro scompare: il caso Embraco
02/02/2018, Riva presso Chieri
Come ci ricordano le lezioni del un grande costituzionalista P. Calamandrei, non si può ragionare in merito alla Costituzione riferendosi a «carta morta», perché essa costituisce il fondamento etico e giuridico della Repubblica italiana. Per questo motivo è necessario intervenire costantemente in un'opera di salvaguardia delle «promesse» che essa offre alla società e non lasciare che cadano nel vuoto dell'azione civile. Pertanto il nostro compito, in quanto studenti impegnati nel documentare la genesi dell'art.4 della Costituzione, non può esimersi dal rendere nota anche dello stato attuale del «diritto al lavoro», specie se l'articolo stesso viene appellato da lavoratori in via di licenziamento a pochi chilometri dalla nostra scuola.
La società Embraco Europe S.p.A., avente uno stabilimento nel comune di Riva presso Chieri, dopo mesi di incertezze per i suoi 537 dipendenti ha avviato la procedura di licenziamento per 497 di loro lasciando sconcertata la comunità. Noi studenti ci siamo recati alla stabilimento per richiedere un'intervista ai lavoratori dell'azienda brasiliana che fa capo a Whirpool. Abbiamo avuto modo di palare con Daniele Borluto, rappresentante sindacale per la FIOM e dipendente nello stabilimento da 21 anni, e Silvano Zaffolon, rappresentante sindacale per la UILM e nello stabilimento da 22 anni, che hanno lasciato il loro lavoro per poterci parlare. Siamo stati accolti all'interno del gazebo del presidio, dopodiché chiediamo delle loro famiglie: Daniele ha tre figli piccoli, tra i 4 e i 7 anni di età e una moglie a carico dopo il suo licenziamento un anno e mezzo fa, mentre Silvano ci parla di suo figlio, che di anni ne ha 26, del quale dice che «ha un lavoro, ma non basta a vivere», è un lavoratore pubblicitario a chiamata, quindi con un impiego molto precario e non sufficientemente remunerato. Inoltre Silvano ci dice che gli mancano solo più tre anni e mezzo per il pensionamento, ma adesso non sa come ci potrà arrivare, posto che per due anni riesca ad ottenere un aiuto, l'ultimo «anno e mezzo cosa vado a fare?». Ci presentano una situazione già conosciuta ma che detta da loro assume un altro significato: «c'è chi si alza alle 4 del mattino per venire qui» e sono lavoratori tra i 40 e i 50 anni, ma anche chi supera con punte di 56 anni, «io ne ho 55» ironizza Silvano, che non si dovevano preoccupare del giorno dopo, «era un lavorare sicuro», contro un mondo di lavoro precario che non ti dà sicurezza, «in base a ciò che vuole il nuovo padrone stai a casa». Appaiono provati, sopraffatti ma non vogliono cedere, «la speranza è l'ultima a morire» ci dice Daniele.
Chiediamo loro le prossime tappe della contesa, giovedì 8 febbraio incontreranno il Ministro per lo Sviluppo Economico in prefettura, a cui sono tutti convocati. «Il vero problema per noi -ci dice Silvano- è che l'azienda non ha presentato un piano industriale, che è necessario fare per avere la cassa integrazione. Per quella data si dovrebbe avere un piano di re-industrializzazione», Daniele aggiunge che un piano dell'azienda di circa 15 giorni addietro non fosse sufficientemente esaustivo, «era pieno di se...». Anche la re-industrializzazione non offre certezze, «si sa -commenta Silvano- è come comprare una casa: in dieci ti sembrano interessati, ma poi è solo uno a comprare. Ora pare ci siano due interessati, ma andare avanti non è questo». Aggiunge che la società ha «dichiarato di preoccuparsi di chi c'è dentro (i dipendenti dell'impianto), ma a loro in realtà interessano le mura [...] i soldi fermi sono per la struttura».
Proseguiamo chiedendo loro dei lavoratori non soggetti alla perdita del loro impiego così ci viene spiegato che fra i 497 dipendenti in esubero rientrano anche chi gestisce i licenziamenti, sono rimasti fuori i responsabili alle vendite, del marketing e chi tratta con gli acquirenti, mentre chi ha potuto trovare un altro impiego, «chi è qualificato» puntualizza Daniele, se ne è già andato. «8 di febbraio -continua- non sarà decisivo, ma può dare l'inizio di un percorso». Ci fa comprendere quanto sia vaga l'azienda affermando come «parlando con gli altri lavoratori ci facciamo tutti delle domande, ma non riceviamo risposte, ci dicono soltanto "Fidatevi di noi". Certo, mi fido di voi che mi avete appena licenziato !», sorride amaramente.
In merito agli incontri già tenuti con le istituzioni ci spiegano di aver già incontrato Regione e Governo nel dicembre 2017. Silvano ci presenta un quadro contorto: pochi giorni prima del tavolo con la Regione l'azienda avrebbe disdetto vari accordi per i servizi ai lavoratori all'interno dei quali sarebbe stato presente un impegno formale dell'azienda stessa a non licenziare. Inoltre a causa del blocco dei cancelli dello stabilimento di Riva di Chieri iniziato lo scorso 26 ottobre, solo per non far uscire i prodotti finiti, permettendo invece l'ingresso ai materiali, e comunque mai attuando un blocco fisico perché fu deciso più in alto che gli stessi automezzi non dovessero partire, puntualizza Silvano, il 12 di dicembre, il giorno prima dell'incontro con il Governo, l'Embraco ha denunciato al Tribunale del Lavoro di Torino le Rsu aziendali, 6 nel totale, e con loro i sindacati metalmeccanici della Uil e della Cgil, i due sindacalisti esterni.
A questo punto chiediamo quale sia la loro produzione: si tratta dei compressori per frigoriferi, «qui entrano i materiali ed esce il prodotto finito», ciò avviene nell'ordine delle 4mila unità a turno, per tre turni giornalieri, una produttività tale[1] per cui «battevamo anche i cinesi, che sono venuti a vedere come potessimo fare», a differenza di quanto ora sostiene l'azienda, per la quale l'impedimento alla riformulazione dei contratti è da attribuirsi ad un calo di produttività[2]. Daniele e Silvano alludono ad un'altra problematica scatenante dei licenziamenti: che consiste nella "concorrenza interna" sul costo del lavoro della fabbrica aperta dall'azienda in Slovacchia. «Un lavoratore metalmeccanico di terzo livello (all'interno dello stabilimento di Riva presso Chieri) guadagna fra i 1250 e 1300 euro (mensili)» mentre quello dei lavoratori slovacchi è stimato in 964 euro (mensili). «Questa è l'Europa unita, ma unita da cosa?» ci dice Silvano. In queste settimane è stato pattuito un nuovo contratto collettivo in Slovacchia che prevede aumenti salariali con tredicesima e quattordicesima, ma i due lavoratori ritengono che presto le imprese inizieranno a spostarsi anche da quei paesi prediligendo mercati più convenienti ancora più a Est.
Chiediamo come hanno reagito le istituzioni comunali del territorio alche ci confermano la loro stretta vicinanza, ma anche la loro impotenza nello «spingere a cambiare idea». «Questo è il potere...- dice Daniele indicando il gazebo tutto intorno a noi - lo hanno tirato fuori da qualche magazzino e ce lo hanno dato per farci sentire un po'meno freddo, con anche la stufa e un fungo, quando stavamo fuori davanti ai cancelli». I comuni della Città Metropolitana di Torino si sono anche messi d'accordo per aiutare le famiglie meno abbienti, ma in merito a ciò che compete loro. «Penso che neanche il politico vero abbia il potere su queste cose, neppure lo Stato, perché manca la legge», non sembrano esserci garanzie legali affinché un'impresa come l'Embraco, che ha ottenuto negli anni numerosi stanziamenti milionari da parte delle istituzioni, locali e nazionali, rivelatisi a fondo perduto, possa essere legata al territorio, possa fornire un ritorno alla comunità. Gli ultimi licenziamenti annunciati costituiscono infatti solo l'ultimo atto di un declino dell'occupazione durato 20 anni, a partire dalla massima occupazione, pari a 2.500 persone, confermataci da Daniele nel 1997[3]. Silvano ricorda come secondo il MISE in Italia siano presenti altre 166 società che presentano forte instabilità, questo è per lui attribuibile all'assenza di una particolare attenzione e tutela al lavoro, la classe politica non possiede da lungo tempo «un'idea di lavoro» che sia strutturale e strategicamente valida da contrapporre ad una politica di sostegno ai fallimenti.
Assieme ci garantiscono come tutte le forze politiche siano disponibili ad ascoltare le loro ragioni, «noi non guardiamo i colori» purché si ottengano dei risultati, ma sono consapevoli del fatto di essere in un momento di grancassa mediatica legata ad una strumentalizzazione politica nei loro confronti che potrebbe durare ancora poco e sicuramente non superare le elezioni. «Penso che sia necessario cambiare il modo di portare avanti una protesta, non è più possibile adottare solo i blocchi, serve una maggiore presenza sulla televisione e sui canali Internet. Anche la tv nazionale norvegese ci ha chiesto un'intervista, che poi hanno spostato più avanti. Abbiamo anche un sostegno all'europarlamento [...] Cofferati ha mosso un'interrogazione per avere motivazioni sulla chiusura dello stabilimento a favore della Slovacchia[4]». La Chiesa stessa si è mossa a sostegno di lavoratori in via di licenziamento, l'Arcivescovo di Torino Mons. C. Nosiglia ha visitato i lavoratori davanti ai cancelli e «una delegazione di noi si recherà anche dal papa il 7 febbraio. Abbiamo anche un'idea per andare a Sanremo dobbiamo ancora vedere».
Lorenzo Drappero (VC)
[1] "Accordo Embraco e Regione Piemonte per la formazione dei lavoratori", di Augusto Grandi; IlSole24Ore, 17 aprile 2014
https://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-04-17/accordo-embraco-e-regione-piemonte-la-formazione-lavoratori-163829.shtml?uuid=AB3VCvBB [consultato il 02/02/2018]
[2] "Embraco a rischio nonostante 15 milioni di contributi pubblici", di Stefano Parola; La Repubblica, 9 novembre 2017
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/11/09/embraco-a-rischio-nonostante-15-milioni-di-contributi-pubbliciTorino11.html?refresh_ce [consultato il 02/02/2018]
[3] Ivi, La Repubblica, 9 novembre 2017
[4] "Embraco, lunedì corteo dei lavoratori. E il caso arriva alla Commissione Europea", di Massimiliano Sciullo; TorinOggi, 26 gennaio 2018
https://www.torinoggi.it/2018/01/26/sommario/settimo/leggi-notizia/argomenti/economia-4/articolo/embraco-lunedi-corteo-dei-lavoratori-e-il-caso-arriva-alla-commissione-europea.html [consultato il 02/02/2018]